
P. Carlos Fraqgoso Arce, Messico
Caro Gerardo,
si leva il sole messicano su una nuova giornata muy trabajadora. Ce la siamo voluta: nel momento in cui abbiamo chiesto al nostro p. Generale di abbracciare un terzo mandato (vanno di moda i bis e pure i tris. Vero, Presidente Mattarella?) sapevamo che si sarebbe immediatamente messo al tamburo e che a noi, poveri rematori, avrebbe imposto un ritmo infernale.
Consueta levataccia alle 6.15. Preparativi e poi in chiesa. Lungo il tragitto un pit-stop alla macchina del caffè. Schiaccio il bottone "espresso" rassegnato per il fatto che, al di là del nome promettente, sempre ciofeca eroga. Ingurgito e proseguo.
Oggi presiedono i bravi padri della Slovacchia. A noi menestrelli italiani è stato affidato il compito di animare la S. Messa. Stefano e io siamo quasi pronti per il "Sanremo cristiano". Sapete? Avete letto? In parallelo con il festival della canzone italiana (che è una fiera degli orrori. Ogni anno è peggio. Ho letto che ieri sera, primo giorno della kermesse, il buon Lauro s'è battezzato da solo) si tiene il festival della canzone cristiana. Una buona idea. Spero che i brani siano altrettanto buoni.
Il bravo e colto p. Juraj, Provinciale della demarcazione, tiene l'omelia in corretto italiano. Gli uomini dell'Est Europa hanno talento per le lingue, c'è poco da fare.
MATTINO
Colazione messicana (sfida per gli stomaci delicati) e via! Liberi e belli, tutti ai ceppi dell'aula capitolare.
Gli atti iniziali consueti: preghiera, lettura del verbale delle sessioni del giorno precedente, approvazione dello stesso. E il sommario della giornata, indicato dal p. Generale.
Il programma dei lavori prevede che intervenga l'amico e confratello p. Roberto Dalusung, giovane trentenne filippino invitato dal p. Generale affinché, in sede di Capitolo, dia a tutti relazione della sua missione esplorativa nei Paesi del Sud-Est asiatico. E' simpatico, Roberto: ci diamo a ogni pié sospinto del "Magrone" e del "Dalusung", come due spadaccini che si preparano al duello. E sediamo a fianco al tavolo in sala da pranzo, raccontandoci in inglese i fatti nostri.
Buffa la tavola a cui siedo. Di fronte a me, al tavolo di forma circolare, siede il poliglotta Jozséf, l'ungherese Viceré dell'India. A lui piace da matti il gesticolare italiano: la nostra mimica, così espressiva, è una sua fissa. Per cui mi tocca, a ogni santo pasto, mostrargli ora questo ora quel gesto descrivendone il significato.
Attento, Jozsef: per educazione non ti ho ancora mostrato come gli italiani mandano la gente a quel paese....
Vi dicevo di Roberto e della sua relazione. In pratica sembrava di ascoltare capitoli de "Il giro del mondo in ottanta giorni" di Jules Verne.
A Roberto e ad altri giovani religiosi asiatici - uno staff di quattro avventurieri - era stato affidato dalla Curia generalizia l'incarico di esplorare, per inaugurare future missioni, in sequenza: Myanmar, Cambogia, Thailandia, Malesia, Laos, Vietnam, Filippine, Giappone, Formosa e Corea del Sud. Un giretto, insomma, giusto quattro passi.
Un racconto vertiginoso fatto di viaggi aerei, contatti con vescovi, trasferte su precari pulmini, campagne, famiglie, governi ostili, spie, frontiere, lingue incomprensibili, comunità cristiane, preti, missioni, foreste, megalopoli. Mancavano solo le tigri. Grande Roberto: grande fede in Dio (perché c'erano pericoli seri, specialmente in Paesi di matrice comunista o stretti nella morsa di regimi militari), grande preparazione e grande spirito d'adattamento.
La mattina è stata dedicata, attraverso le parole e le immagini, a questo viaggio affascinante. Il super-gigante asiatico è veramente, come dice da tempo il P. Generale, la frontiera dell'Ordine. Ma che dico? La frontiera del mondo! E del cristianesimo.
Ci si ferma per il pranzo, sempre molto gustoso. Devo proporre la chef come "Madre Generale".
Dopo il pasto postura da "pannello solare": assorbire raggi del sole prima di scendere di nuovo in coperta e mettere mano al remo.
POMERIGGIO
Dai, mi sbrigo, non sbuffate.
Si riprende a masticare il lavoro fatto dalle commissioni che hanno riveduto i documenti capitolari.
E, in occasione dell'ultima sessione della giornata, come da programma sale sullo scranno della presidenza p. Christian Ehemba, Provinciale dell'Africa dell'Ovest, che racconta della Missione in Burkina Faso (ex Alto volta). Il Burkina è un altro Paese immenso e dolente, che soffre anch'esso, come tanti altri Paesi che abbiamo raggiunto, per la povertà, lo sfruttamento, le guerre regionali, i regimi, la corruzione, l'analfabetismo, la condizione della donna e per tanto altro ancora. Tanto per non farsi mancare nulla, ci si è messo anche lo Jihadismo più vile e sanguinario.
P. Christian porge dati, foto, speranze. Gli Scolopi hanno già eretto una scuola materna (con l'aiuto di noi confratelli italiani) e desiderano edificare tanto altro con lo scopo di dare istruzione e quindi lavoro, dignità e libertà.
Perché alla fine di questo si tratta. L'intuizione geniale di San Giuseppe Calasanzio è stata quella di offrire a chi non li aveva, cioè i poveri, gli strumenti e gli itinerari per diventare donne e uomini liberi e consapevoli della propria dignità.
Ditelo, tra gli altri, agli amici del FAGAM (un nuovo acronimo che ho scoperto giusto ieri: sta per Facebook/Amazon/Google/Apple/Microsoft).
Ho finito.
Vespri, cena e, per tutti i religiosi europei, un incontro con la Congregazione generale. La quale, premurosa, desidera sapere se i padri capitolari abbiano qualche idea particolare a riguardo dell'immediato futuro della loro affaticata e miscredente Europa.
Stop alle 22. I miei amici Scolopi si dirigono speranzosi verso il bancone-bar, come naufraghi che hanno avvistato un canotto di salvataggio. Qualcuno mi sussurra all'orecchio che la tequila concilia il sonno. Mah, excusatio non petita....
Faccio finta di crederci. Concilierà pure il sonno ma sento risate sempre più fragorose fino a mezzanotte.
Buenas noches y hasta luego.
a