
SVEGLIA
Sveglia alle 06.30. Mi sto abituando al fuso orario, che ci vede ben sette ore indietro rispetto all'ora italiana. Fuori compaiono i primi bagliori dell'alba. Si intravede una coltre di nubi che coprirà gran parte del cielo per l'intera giornata. Se non fosse per il fatto che manca il verso lugubre delle cornacchie sembra d'essere nella Milano di febbraio.
Fa freddo. La sera mi corico bardato come un eschimese: calze e pigiama invernale. Meno male, Gerardo, che mi avevi avvertito! Gratitudine eterna.
E poi avete presenti quelle sveglie al freddo, con il pavimento e l'ambiente gelidi una volta fuori dal letto, i brividi, l'ingresso in doccia per cercare il calore dell'acqua? Ecco, le avete presenti.
MATTINA
Esco di stanza. Ci sono, presso i corridoi e gli ambenti comuni, alcune macchine distributrici di bevande calde. Trovo altri "caffeinomani" che, come me, vivono la stessa triste dipendenza. A occhi bassi, senza, salutarci, condividiamo il vizio. Un ungherese, prima di me, abbraccia la macchina mentre eroga; un altro, un polacco, si genuflette e piange di gratitudine.
Sto esagerando.
Alle 07.20 ci dirigiamo tutti in cappella. Abbiamo ricevuto in dono, dalla Provincia del Messico, una bella stola bianca a ricordo dell'evento. Qui non ci si deve picchiare, per fortuna, come facciamo noi preti alle Giorante Mondiali della Gioventù, per conquistarci una casula!
Le concelebrazioni sono sempre molto belle. La chiesa è di pianta circolare e questo permette di contemplare, con orgoglio, il gruppo dei 60 uomini eletti Capitolari, che provengono da ogni dove e che condividono fede, ideali e preghiera. Presiede un bravo vescovo: mons. Ramon Castro, vescovo di Cuernavaca: minuto, magro, una bella chioma bianca, l'eloquio pulito dell'intellettuale.
Alle 08.30 ci spostiamo in sala da pranzo per la colazione. Mi diverto a guardarmi intorno: la gran parte dei religiosi si fa servire badilate di uova strapazzate e altri cibi robusti, secondo lo stile anglosassone. Ma come fanno? Per me resterà sempre un mistero. E pure un uso vagamente barbaro. Gusto però a mia volta il piattino di frutta locale presentato con cura e il succo di pompelmo rosa: quest'ultimo talmente buono che, a un certo punto, mi sono messo a gironzolare per i tavoli per ingurgitarne qualche altro bicchiere lasciato intoccato. Il solito scroccone.
Alle 09.15 inizia il "ritiro spirituale". Nei Capitoli Generali avviene sempre così: i religiosi si preparano a celebrare l'atto più importante della vita dell'Ordine dedicandosi all'ascolto di un predicatore che istruisce ed esorta.
Tale compito è affidato a Mons. Curiel che - devo correggere - ora è Vescovo di Carora (non di Cochabamba) e Segretario della Conferenza Episcopale Messicana. Ve l'ho già detto che, prima d'essere sacerdote e religioso Scolopio, era medico anestesista? Forse ve l'ho già detto. I suoi interventi copriranno l'arco dell'intera giornata. Anche lui un uomo grintoso e piacevole.
Break alle 11.15. Mi è rimasto in mente, purtroppo, il contenuto della lettera che l'Economo provinciale della Provincia italiana, p. Ugo, ha appena inviato ai religiosi e al quale ho potuto dare un'occhiata. Tra l'altro vi avverte dei costi del Capitolo, che gravano anche sulle nostre casse. Mi è passata improvvisamente la voglia di buttarmi sui fichi neri. Le fragole mi danno l'orticaria e guardo in cagnesco i confratelli che, ineffabili, attingono dal buffet. Anche l'I-PAD mi è diventato antipatico. Stasera lo metterò a fare da tappetino scendiletto.
Scherzo. Il Capitolo è un atto vitale per l'Ordine. Siamo poveri ma non pauperisti, e questo significa che le celebrazioni essenziali vanno organizzate con la giusta dignità
Per cui infilzo un fico e "me lo magno". ("mo' te magno": Nando Moriconi, Un americano a Roma).
POMERIGGIO
La giornata prosegue con l'alternarsi di interventi del padre predicatore e "stop" per un caffè. Questo fino a un tempo prolungato di riflessione personale, che ha avuto inizio alle 16.
Ne approfitto per mettere il naso fuori e per "igienizzare" gli occhi dopo ore e ore di luce artificiale. L'aria si è fatta dolce.
M'incontro con p. Ciro e Stefano e chiacchieriamo amabilmente (sì, lo so che siamo in ritiro: ma abbiamo bisogni di rapporti umani!); ne approfittiamo per metterci d'accordo per la liturgia dell'indomani, che animeremo noi italiani in qualità di Provincia più antica dell'Ordine.
Alle 18.45 il primo di una serie di appuntamenti che contribuiscono a fare di un Capitolo generale un contenitore ricco di pietanze gustose: il p. Provinciale del Messico presenta la propria Provincia. Si serve di video spettacolari per raccontare la propria terra, la cultura del suo Paese e l'opera dei padri Scolopi messicani. Interessante, bello. Faranno lo stesso altri Provinciali nel corso dei prossimi giorni. C'è da imparare. C'è di che essere orgogliosi. A proposito: i confratelli messicani devono aver captato che "si barbella". Riceviamo tutti in dono una felpa con il logo del 48° Capitolo.
CENA
Sulla cena preferirei stendere un velo pietoso. Non perché non fosse buona (c'erano i "tacos"!), ma perché giravano bottiglie loschissime. Identificate come tequila e, soprattutto, mescal. Tempo qualche minuto e hanno cominciato a esplodere, tra i tavoli, risate esagerate. Ne ho sentita qualcuna anche la mattina del giorno dopo.
In compenso la notte è trascorsa in un silenzio pesantissimo. Non dico altro.
Un affettuoso saluto a tutti. Vado a cercare un fico nero, visto quel che costa.
P. Alberto Magrone